Federal Department of Foreign Affairs of the Swiss Confederation

12/16/2024 | Press release | Distributed by Public on 12/16/2024 07:28

Stati generali della diplomazia XVII - Conferenza delle ambasciatrici e degli ambasciatori d’Italia (it)

Discours du conseiller fédéral Ignazio Cassis, chef du Département fédéral des affaires étrangères (DFAE) - Seul le texte prononcé fait foi

Che cos'è la Svizzera?

Vorrei spendere qualche parola sull'identità del mio Paese, prima di spiegare 1) come quest'identità lega Svizzera e Italia e 2) come, sulla base di questa identità, la Svizzera si posiziona nell'odierna realtà internazionale.

La Svizzera porta in sé qualche particolarità.

La bandiera

Partiamo dall'elemento più visibile, la bandiera: è quadrata - l'unica al mondo, insieme con quella della Città del Vaticano.
Un aneddoto a tale proposito: quando la Svizzera entrò a far parte dell'ONU, nel 2002, il protocollo si trovò di fronte a un problema. Le bandiere esposte nella sede centrale delle Nazioni Unite dovrebbero infatti essere rettangolari. Si trovò allora una scappatoia stabilendo una nuova regola: ogni nuova forma può essere accettata, a patto che la sua area totale non superi quella delle bandiere di forma tradizionale.
Il multilateralismo e la tradizione umanitaria

Seconda eccezione: la Svizzera è tuttora il solo Stato al mondo ad aver aderito all'ONU in seguito a una votazione popolare, nel 2002, con doppia maggioranza di popolo e cantoni. Era già stato il caso nel 1920, quando popolo e cantoni accettarono che la Confederazione aderisse alla Società delle Nazioni. Fu il primo tentativo di multilateralismo, ed ebbe luogo a Ginevra. Purtroppo, come sappiamo, quel tentativo non resistette. Da quelle ceneri però nacque l'ONU, con le sue due sedi principali di NY e Ginevra.
A quei tempi, siamo all'inizio del '900, Ginevra era già sede della Croce Rossa, voluta dallo svizzero Henry Dunant dopo aver assistito alla battaglia di Solferino in Lombardia. Anche la bandiera della Croce Rossa è quadrata e presenta gli stessi colori svizzeri ma invertiti.
Lo spirito di quei tempi è stato brillantemente riassunto nel giugno dello scorso anno, proprio a Solferino, dal vostro presidente Sergio Mattarella, che volentieri cito:
«La Croce Rossa nacque (…) per ritrovare uno spazio umano dentro la logica spietata della guerra. Per dare possibilità di futuro a chi rischiava di morire. Il sentimento di pietà vinse la paura, l'indifferenza, la rassegnazione. Questo sentimento conquistò uno spazio pubblico. Si fece organizzazione. È divenuto diritto internazionale nella Conferenza di Ginevra».

Poco dopo aver creato la Croce Rossa, Dunant vinse il Premio Nobel per la pace nella prima edizione di questo riconoscimento, svoltasi nel 1901. Oggi la Svizzera è il paese con il maggior numero di premi Nobel rispetto alla sua popolazione. È anche, da 13 anni, al primo posto dell'indice globale relativo all'innovazione.

La forte eterogeneità del Paese

Arrivarci non è stato facile, se consideriamo la forte eterogeneità linguistica, culturale e religiosa che contraddistingue questo Paese arroccato sulle Alpi e alla perenne ricerca di un'identità, visto che affonda le proprie radici in Germania, Austria, Francia e Italia. Spesso sorrido quando in Lombardia si parla degli Svizzeri, perché in realtà si pensa agli svizzeri di lingua italiana, ai ticinesi. E questi sono percepiti, per il resto degli svizzeri, più italiani che svizzeri. Un continuo dilemma, che vale per analogia anche per gli svizzeri di lingua francese verso la Francia e per la maggioranza svizzero-tedesca versa la Germania.

Un altro premio Nobel - questa volta per la letteratura -, Carl Spitteler, scrisse in quegli anni - siamo nel 1919 - un celebre discorso sullo stato, a suo giudizio preoccupante, della nazione elvetica. Cito:
«Dobbiamo sentirci uniti senza per questo essere uniformi. Non abbiamo lo stesso sangue, non abbiamo la stessa lingua, non abbiamo una casa regnante in grado di attenuare e comporre i contrasti, e non abbiamo nemmeno una vera e propria capitale».

Un Paese geneticamente avverso a ogni concentrazione di potere

In effetti, in Svizzera non abbiamo una capitale, ma solo una città federale dove si trovano le istituzioni dello Stato federale. Dal 1848 questa città è Berna. Prima di quella data, la Svizzera neppure aveva una capitale permanente e le sedi governative erano a rotazione tra diverse città. Un po' come per il Parlamento dell'UE oggi.

Non abbiamo nemmeno un capo di Stato o un capo di Governo, ma dividiamo queste cariche in parti uguali tra le 7 persone elette al governo: chi vi parla è per così dire un settimo di primo ministro e un settimo di presidente.

Come sapete, ogni anno ognuno di noi, a rotazione, assume la presidenza quale primus inter pares. Il Governo nel suo insieme invece non cambia mai. Dal 1848, quando la Confederazione diventò Stato federale grazie a una Costituzione comune, è sempre lo stesso, con 7 membri eletti dall'assemblea federale che rispecchiano la forza dei partiti. Siccome anche la nostra vita di ministri non è eterna, siamo sostituiti di volta in volta individualmente, quando lasciamo il governo.

In realtà non siamo ministri ma consiglieri federali. Il nostro compito è "consigliare" il Parlamento, che a sua volta è composto da consiglieri nazionali (camera bassa) e da consiglieri agli Stati (camera alta). Anche il loro compito consiste nel "consigliare": i primi il popolo, i secondi gli Stati cantonali. Popolo e Cantoni sono insieme il sovrano svizzero. Ogni modifica costituzionale necessita della doppia maggioranza: popolare e degli Stati. Insomma un Paese bottom-up, con il popolo sovrano che si esprime ogni anno quattro volte su oggetti che vanno dai trattati internazionali alle corna delle vacche.

Un aneddoto che visualizza questo modo di funzionare: gli architetti che costruirono gli edifici della città federale, fecero in modo che per passare dall'ala riservata al governo a quella del Parlamento si debba salire una scala: quindi il parlamento sta sopra al governo, più sopra ancora c'è la cupola federale con gli stemmi dei cantoni, dove vive la popolazione. E più in alto c'è solo Dio!

Per evitare ogni concentrazione di potere, popolo e Cantoni non hanno mai permesso alla Confederazione di riscuotere durevolmente imposte. Oggi la Confederazione ne preleva due: l'imposta federale diretta e l'imposta sul valore aggiunto (IVA). Entrambe sono state introdotte in tempi di crisi con l'idea di essere temporanee. Idea mai cambiata. Infatti la facoltà di riscuotere entrambe decadrà alla fine del 2035. La sovranità fiscale, così come l'educazione, la sanità e la polizia, sono prerogative irrinunciabili dei Cantoni. Ecco come limitare efficacemente il potere centrale!

La Svizzera in Europa

Raccontarvi le particolarità del nostro Paese serve a meglio comprendere la politica estera della Svizzera.

Non facciamo parte dell'Unione Europea, ma siamo al cuore dell'Europa. La nostra identità è intrisa delle tre grandi culture fondatrici del continente, che portiamo nel nostro DNA. Con i Paesi vicini non condividiamo solo intensi scambi commerciali, economici, scientifici e culturali: insieme formiamo comunità di vita, intrecciate in una trama unica di storia, valori e destini comuni.

Ecco perché il rapporto tra Svizzera e UE è al tempo stesso cruciale e complesso: non si limita a una questione di interessi razionali, ma affonda nel mare profondo dell'identità, toccando ciò che siamo e ciò che vogliamo essere come nazione e come popolo.

In questo contesto si colloca l'impegno del governo svizzero a stabilizzare e rafforzare i rapporti con l'Unione Europea, portando a termine con successo i lunghi negoziati degli ultimi dieci anni.

Insomma, forse la Svizzera è un equivoco della carta europea, come ebbe a dire una volta Mussolini (comparandola ad Austria, Cecoslovacchia e Belgio). Ma è un equivoco che cerca di rendersi utile, non da ultimo come cuscinetto geografico.
Lo stesso Mussolini, confrontato con i piani tedeschi di smembramento della Svizzera, cambiò idea per ragioni molto pragmatiche. Non conveniva, si legge in atti dell'epoca, "estendere maggiormente il contatto diretto con una nazione militarmente più forte ed animata da fortissime mire espansionistiche quale è la Germania".

La politica estera della Svizzera

I principi che guidano la nostra politica estera sono tre: neutralità, universalità e solidarietà. La Costituzione svizzera dedica esplicitamente alle relazioni con l'estero solo quattro articoli (54, 55, 56, 101) lasciando ampia libertà di manovra al Governo. Governo che non dispone di una legge federale di politica estera e interpreta i principi summenzionati ogni quattro anni con una Strategia di politica estera, declinata poi in sotto-strategie geografiche e tematiche.

La nostra estesa rete diplomatica, composta da circa 170 rappresentanze in 100 Paesi, ci permette di rispondere bene al bisogno di universalità e indipendenza. Questa struttura è essenziale, poiché la neutralità c'impedisce di aderire ad alleanze militari come la NATO, richiedendo una presenza globale autonoma e attiva.

La nostra politica estera è dunque guidata dall'ambizione di essere un valore aggiunto per il mondo, grazie alle nostre particolarità storiche e congenite, e soprattutto in momenti di crisi come quelli attuali.

In questo contesto si colloca la nostra radicata tradizione umanitaria, nata con le Convenzioni di Ginevra - la prima delle quali celebra quest'anno i suoi 160 anni, mentre l'insieme delle quattro compie 75 anni. Una tradizione che continua a vivere, alimentata dagli sforzi della Ginevra internazionale e da molte altre iniziative su scala globale, come per esempio il nostro contributo al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite negli ultimi due anni, o la recente Conferenza di pace per l'Ucraina sul Bürgenstock.

I cambiamenti epocali

Illustrarvi tutti gli attuali cantieri della politica estera, di cui voi non siete solo attenti osservatori ma anche protagonisti, richiederebbe ben più tempo di quello a mia disposizione. Basti dire che i cambiamenti geopolitici che stiamo vivendo rappresentano segnali premonitori di trasformazioni epocali.

L'Europa è al centro di profondi cambiamenti economici, politici e di sicurezza. Intorno a noi si estende un vero e proprio "anello di fuoco" (ring of fire): l'Ucraina, il Medio Oriente e l'Africa, segnati da colpi di Stato, conflitti, devastazioni e flussi migratori incessanti.

Il multilateralismo sta mostrando profonde crepe: il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite fatica ad agire efficacemente, con un numero crescente di risoluzioni inattuate; l'OSCE è indebolita dalla guerra contro l'Ucraina; e il protezionismo crescente di molti Paesi sta minando i sistemi commerciali multilaterali costruiti con tanta fatica dopo la Seconda guerra mondiale. In questo contesto complesso, si intensificano sfide trasversali come il cambiamento climatico e l'intelligenza artificiale, che richiedono risposte globali.

Siamo chiamati ad agire, ciascuno rimanendo fedele alla propria storia, alla propria missione e alle proprie peculiarità.

La Svizzera è neutrale, ma la neutralità non equivale a indifferenza. Al contrario, rappresenta la capacità di offrire, in modo credibile, uno spazio di dialogo anche nelle situazioni più tese. Lo realizziamo attraverso strumenti flessibili e adattabili alle circostanze: come Stato ospite, assumendo mandati di protezione o svolgendo ruoli di mediazione.

Per riuscirci, non basta la neutralità: servono precisione, discrezione, competenza, indipendenza e, soprattutto, coraggio. Il coraggio di assumersi rischi, di anticipare processi - come dimostrano le conferenze legate all'Ucraina - e, talvolta, di accettare anche i fallimenti. Occorre saper accompagnare processi spesso lunghi e complessi, offrendo sostegno politico e finanziario. E, non meno importante, essere pronti a dialogare con tutti gli attori coinvolti, inclusi quelli non statali.

Svizzera e Italia

Vorrei concludere questa radiografia nazionale e internazionale tornando a noi. Alla Svizzera e all'Italia. Oggi riconosciamo quanto sia profonda e ricca la relazione tra i nostri due Paesi, a ogni livello. Gli italiani rappresentano la più grande comunità straniera in Svizzera e costituiscono la terza comunità di italiani all'estero. A loro si aggiungono oltre 90.000 frontalieri italiani, che ogni giorno animano il nostro tessuto economico e culturale. Un legame prezioso, che arricchisce e rafforza quell'italianità già profondamente radicata nel DNA della Svizzera.
Un legame che si è ulteriormente accentuato in questi anni, grazie all'amicizia con il collega Antonio Tajani, che ringrazio per il continuo scambio proficuo. Sarebbe un grande onore poterti accogliere alla nostra conferenza degli ambasciatori a Berna la prossima estate!

Un sentito ringraziamento anche al Presidente Mattarella, per averci onorato con una visita di Stato nel 2022, durante il mio mandato come Presidente della Confederazione. Il ricordo di quei giorni trascorsi insieme tra Berna e Zurigo resterà per me indelebile, rappresentando una pietra miliare nelle relazioni che uniscono i nostri Paesi.

Ringrazio la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il collega Antonio Tajani per aver partecipato alla prima Conferenza di alto livello sulla pace in Ucraina, lo scorso giugno sul Bürgenstock, e per aver raccolto il testimone della Ukraine Recovery Conference, iniziata nel 2022 a Lugano, proseguita a Londra e Berlino, e in programma l'anno prossimo a Roma.

Last but not least, ringrazio il vostro ambasciatore in Svizzera, Gian Lorenzo Cornado, per il suo entusiasmo nel costruire nuovi e preziosi tasselli della relazione tra i nostri due paesi. La nostra formidabile ambasciatrice a Roma, Monika Schmutz, appena premiata come migliore ambasciatrice straniera in Italia, tornerà presto in Svizzera ma verrà egregiamente sostituita dall'ambasciatore Roberto Balzaretti.

Un po' lo invidio, perché potrà vivere nel cuore dell'italianità. Un'italianità di cui talvolta sento la mancanza, nelle lunghe giornate di lavoro a Berna.
Penso allora al già citato premio Nobel Spitteler, che nel 1896 scriveva: «Il mio più grande desiderio, adesso, sarebbe di far saltare per aria con la dinamite il Gottardo e tutte le Alpi, in modo tale da avere libero accesso all'atmosfera italiana».

Ecco, senza ricorrere a esplosivi, attraversare le Alpi per me significa sempre un ritorno a casa. E quando passo il confine verso l'Italia, resto comunque a casa, anche se mi trovo in un'altra nazione.

Grazie per l'attenzione e buon Natale!

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