ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

10/25/2024 | Press release | Distributed by Public on 10/25/2024 09:24

Medio Oriente: tra guerra totale e segnali di dialogo

L'Iran si prepara alla guerra con Israele, pur volendola evitare. Quello scelto dal New York Times è un titolo tanto paradossale nella forma, quanto efficace nel descrivere l'attuale situazione in Medio Oriente, dove ancora si attende la risposta di Tel Aviv all'attacco missilistico lanciato dall'Iran a inizio ottobre. In quella che sembra un'illusoria calma prima della tempesta, in realtà, il conflitto prosegue in ogni direzione, anche se le autorità di Stati Uniti, Israele e Qatar hanno annunciato una ripresa dei negoziati per un possibile cessate il fuoco a Gaza e per il rilascio degli ostaggi. Non si placano, poi, i raid aerei nel Paese dei Cedri e in Siria, dal cui spazio aereo continuano ad arrivare attacchi con droni (spesso opera di milizie irachene filo-Teheran). A questi fronti, oltre a quelli di Gaza e Cisgiordania, si aggiunge quello del Mar Rosso, sul quale filtrano indiscrezioni rilevanti sul Wall Street Journal: la Russia avrebbe fornito dati e informazioni sugli obiettivi ai miliziani Houthi dello Yemen, che all'inizio di quest'anno hanno iniziato ad attaccare le navi occidentali nel Mar Rosso con missili e droni.

Sperare in bene e prepararsi al peggio?

Dopo aver assistito al consistente ridimensionamento dei suoi alleati in Libano e a Gaza, l'Iran ha ordinato alle forze armate di prepararsi alla guerra con Israele, ma commisurando la reazione alla portata dell'offesa subita. Un articolo firmato da Farnaz Fassihi, che cita fonti anonime iraniane dalle colonne del più importante quotidiano d'America (e probabilmente del mondo), riferisce che l'ayatollah Ali Khamenei, ha ordinato all'esercito di elaborare diversi piani militari per rispondere a un attacco israeliano. La portata di qualsiasi ritorsione iraniana, tuttavia, dipenderà in larga misura dalla gravità degli attacchi di Israele. Se gli attacchi israeliani, in risposta al lancio di quasi 200 missili balistici da parte dell'Iran all'inizio di questo mese, infliggeranno danni estesi e provocheranno un alto numero di vittime, l'Iran reagirà con forza. Tuttavia, se Israele limiterà il suo attacco a poche basi militari e magazzini di missili e droni, Teheran "potrebbe benissimo non fare nulla", scrive il quotidiano newyorkese. Quella sulle colonne del NYT sembrerebbe un'imbeccata rivolta indirettamente a Israele, quasi a invitare Tel Aviv ad eseguire una volta per tutte una risposta simbolica che ponga fine a un'attesa insostenibile e che dura ormai da quasi un mese. Durante la quale, peraltro, Israele ha proseguito le operazioni sugli altri fronti.

Ritorno ai negoziati?

Una novità rilevante riguarda le ostilità a Gaza. Un portavoce del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha annunciato che una delegazione di Tel Aviv si recherà questa domenica in Qatar, in vista di una ripresa dei negoziati su cessate il fuoco e rilascio degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Il ministro degli Esteri del Qatar, lo sheikh Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, ha dichiarato che i mediatori di Doha hanno "ripreso i contatti" con il movimento radicale palestinese dopo la morte del suo leader Yahya Sinwar, considerata dagli Stati Uniti come un momento di svolta per tornare ai negoziati e concludere un accordo di tregua a Gaza. L'amministrazione americana, così come il governo di Israele, sembra intenzionata a perseguire l'obiettivo di separare il destino di Gaza dagli altri fronti, anziché cercare una soluzione complessiva dell'escalation in Medio Oriente iniziata il 7 ottobre 2023.

Che fare in Libano?

"Il sud del Libano -­­ scrive l'inviato di Haaretz, Amos Harel -­­ non è ancora la Striscia di Gaza. Ma data l'intensità della lotta che l'esercito sta conducendo nei suoi raid sui villaggi vicino al confine, non ci sono molte case ancora in piedi". C'è una differenza sostanziale tra l'enclave costiera palestinese e il Paese dei Cedri, ossia la presenza di civili nelle zone di combattimento. In Libano, spiega il quotidiano israeliano, i residenti hanno avuto abbastanza tempo per scappare dopo gli ordini di evacuazione emessi dall'Idf. Gli scontri con i miliziani di Hezbollah, invece, non sono mancati. Cinque soldati di riserva israeliani sono stati uccisi solo giovedì e altri 19 sono rimasti feriti. Secondo un'indagine iniziale delle IDF, uomini di Hezbollah hanno attaccato un edificio in cui le truppe stavano ricevendo rifornimenti logistici. Nell'ultimo mese, sono stati uccisi 15 soldati della Sayeret Golani, l'unità di ricognizione d'élite della brigata omonima, considerata uno dei corpi più preparati e preziosi dell'IDF. Le foto dei caduti e i loro nomi sono tra le notizie più in risalto sulla stampa israeliana, che copre con dovizia di particolari l'offensiva di terra in Libano, per quanto resti al momento limitata e quasi completamente coperta dalla censura di guerra.

Troppi fronti?

Dall'altra parte del confine nord di Israele, in Siria, un attacco condotto la scorsa notte avrebbe reso inagibile un valico di frontiera con il Libano, il secondo ad essere stato colpito da un attacco aereo dopo un episodio analogo a fine settembre. Di conseguenza, solo un passaggio ufficiale tra i due paesi rimane operativo. Il ministro dei trasporti libanese Ali Hamieh, membro del braccio politico di Hezbollah, ha confermato che "il valico di Qaa è stato messo fuori servizio dopo un attacco israeliano in territorio siriano". Israele, che non ha rilasciato alcuna dichiarazione sull'accaduto, ha già accusato il partito-milizia di contrabbandare armi dalla Siria attraverso i valichi di frontiera. Resta aperto, inoltre, il cosiddetto "fronte del Mar Rosso", dove le forze Houthi dello Yemen, legate all'Iran, hanno rivendicato due giorni fa di aver preso di mira una base militare israeliana a est di Tel Aviv, utilizzando un missile balistico ipersonico denominato "Palestine 2", e continuano a prendere di mira le imbarcazioni in transito. Ma la notizia principale su questo versante è un'indiscrezione pubblicata dal Wall Street Journal, secondo cui Mosca avrebbe fornito dati e informazioni sugli obiettivi ai ribelli Houthi dello Yemen, quando all'inizio di quest'anno hanno attaccato le navi occidentali nel Mar Rosso con missili e droni, aiutando il gruppo sostenuto dall'Iran. Il passaggio di informazioni sarebbe avvenuto, scrive il quotidiano americano citando fonti statunitensi ed europee, tramite il corpo dei Guardiani della rivoluzione iraniana. Gli attacchi a un'arteria così importante per il commercio globale hanno contribuito a destabilizzare ulteriormente la regione.

Il commento

Di Luigi Toninelli, ISPI MENA Centre

"Se il 7 ottobre era parso che Teheran potesse trarre vantaggio dagli attacchi di Hamas a Israele, ora appare evidente come questa escalation stia comportando per la Repubblica Islamica più costi che benefici. Nonostante l'Iran abbia cercato di evitare un coinvolgimento diretto nel conflitto, negli ultimi sei mesi ha già colpito due volte il territorio israeliano, in un tentativo (inefficace) di ripristinare parte della propria deterrenza. Teheran sembra divisa tra due approcci opposti: da un lato, prepararsi a una potenziale controffensiva in caso di attacco israeliano; dall'altro, sondare i canali diplomatici per limitare la portata della reazione di Tel Aviv ed evitare di essere trascinata in una guerra regionale. Questo 'paradosso iraniano' è dovuto non solo alle difficili condizioni economiche interne, alle divisioni sul sostegno alla politica regionale e al riconoscimento della superiorità militare israeliana, ma anche alla memoria storica della guerra. La leadership iraniana attuale si è formata in gran parte sul campo di battaglia durante il conflitto con l'Iraq (1980-1988), una guerra devastante che molti iraniani ricordano ancora. Evitare un confronto aperto è stato alla base della dottrina militare iraniana per oltre quarant'anni e probabilmente continuerà a esserlo".

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